venerdì 20 giugno 2014

Robe aliene

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Antefatto: gennaio 2014, esce in volume un mio racconto di fantascienza, si chiama “Missione Vesta” e viene da lontano. Al centro della narrazione c’è un manufatto misterioso e alieno, “una specie di noce grande quanto il Colosseo, di compatto metallo nero solcato da spessi arzigogoli e striature di un colore tra l'oro e il rame”, probabilmente un vascello interstellare vecchio di 500.000 anni.

 

Fine maggio 2014. Di ritorno da un giro di incontri e presentazioni nel sud, mi trovo alla stazione ferroviaria di Pisa incastrato in due ore di ritardo delle solite meritorie ferrovie nazionali. Ho terminato le letture portate in viaggio. Non ho nulla da leggere e l’estate è vicina, così vado all’edicola e ritorno a un vecchio costante mai abbandonato rituale della bella stagione: Urania. Scelgo, sbirciando quarta, “Un mondo per gli Artefici” di Charles Sheffield, è il n. 1606 di Urania, la collana Mondadori da edicola consacrata alla fantascienza.

 

Un libro a me finora ignoto, uscito in originale nel 1990. Da noi ora per la prima volta, mi pare di capire. Non ho mai letto nulla di Sheffield, ma scopro che il libro si lega ad altri dell’autore.
La storia, il tempo, l’universo, la misura della narrazione; tutto è lontanissimo da “Missione Vesta”. Eppure. Quante consonanze tra il relitto di Vesta, opera dei Vagienni primi presunti esploratori del sistema solare, del mio libro e i Manufatti degli Artefici di Sheffield. La lettura mi diverte, anche in questa chiave. In lingue e tempi diversi, con destinatari e lunghezze differenti, abbiamo raccontato un universale, che forse non a caso pervade l’immaginario umano.

Disclaimer finale: tranquilli, non credo nei paleoastronauti


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